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Pd spaccato, Cuperlo dimissionario

print21 gennaio 2014 20:26
Pd spaccato, Cuperlo dimissionario
(AGR) Spero di cuore che Gianni Cuperlo possa tornare indietro. Oggi più che mai all’Italia serve un Pd forte. Un Pd compatto e unito. Ben vengano le discussioni, le critiche. Ben vengano gli strilli e i pugni battuti sul tavolo. Ma il Paese ci chiede uno sforzo e una legge elettorale che dia stabilità all’Italia e agevoli queste benedette riforme.

Berlusconi, lo si voglia o meno, oggi rappresenta il 21 per cento della popolazione italiana. Ci piace? No. Sfido un solo democratico ad affermare il contrario. Ma se si vuole fare una legge elettorale, bisogna fare i conti con questo signore. Gli interlocutori non ce li scegliamo noi. Forza Italia è Silvio Berlusconi.

Il Pd come primo partito italiano (i dati oggi ci danno al 34 per cento) ha l’obbligo, se vuole dare all’Italia una stabilità, di dialogare con tutte le forze dell’arco costituzionale, soprattutto con chi oggi ha un ruolo, dentro o fuori dal Parlamento, in questa partita.

Sono anni che si parla di modificare la legge elettorale: non si è mai fatto. Oggi c’è la possibilità. Siamo vicini. L’Italia ce lo chiede. Anche a costo di metterci la faccia in situazioni scomode. Dobbiamo tirare fuori il coraggio e andare dritti per la nostra strada.

Chiudersi a riccio non c’aiuterà certo ad approvare una nuova legge elettorale. E lo dice una che sulle liste bloccate la pensa in maniera diametralmente opposta. Io sono per le preferenze. Ma è stata presa una decisione. L’Europa le ha abolite da anni. Ne prendiamo atto. La democrazia è anche questa: confronto, duro, aspro. Ma laddove si arriva a una decisione, allora bisogna seguirla, tentando di fungere da pungolo per porre una seria riflessione e, perché no, convincere la direzione a rivedere alcune posizioni. Io mi batterò per eliminare le liste bloccate, ma farò la mia battaglia all'interno del Partito, per il bene del mio Partito. Oggi all’Italia servono atti concreti. Andarsene, quello sì, sarebbe solo un regalo a Berlusconi.

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