Pensioni di riversibilità: eliminare i tagli della legge Dini
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Pensionati
La legge di riforma sulle pensioni, la legge Dini del 1995, stabilì che in caso di pensione indiretta o riversibile, se il superstite possiede altri redditi, essa viene ridotta del 25% se oltre alla pensione ha un reddito annuo superiore a tre volte il trattamento minimo, che per il 2009 è pari a € 17.869,80, del 40% se ha un reddito annuo superiore a quattro volte il trattamento minimo che per il 2009 è pari a € 23.826,40 e infine del 50% se ha un reddito annuo superiore a cinque volte il trattamento minimo che per il 2009 è pari a € 29.783,00. E’ vero che questa riduzione non si applica in presenza di figli inabili o minori, ma se guardiamo gli importi, anche con 29mila e passa euro all’anno non siamo di fronte a redditi da nababbo.
Le decurtazioni, varate sulla scia dei provvedimenti del 1992 quando sembrava che la previdenza pubblica stesse per fare bancarotta, dopo più di 10 anni si rivelano ingiustamente punitive, senza peraltro contribuire a dare un minimo di sollievo alla spesa pensionistica. Questi tagli inoltre vanno contro i principi stessi del legislatore, perché la pensione riversibile decurtata, non consente di mantenere quell “adeguato tenore di vita” voluto dalla stessa legge di riforma. Il giustificazione dataè che le esigenze familiari si riduconoal ridursi dei suoi membri. Se è vero che il venir meno del coniuge fa diminuire alcune tipologie di spesa, come l’alimentazione edil vestiario, non dimezza certamente la bolletta del gase della luce né il mutuo per la casa. Il pagamento della rata di mutuo molte voltegià gravoso prima dell’evento, diventain molti casi un vero incubo fontedi tantissimi drammi. Qualche volta, enon raramente, si sono dovuti fare i mitici salti mortali per potervi far fronte. Molte sono le vedove che impossibilitate a continuare i pagamenti, sono state costrette a vendere l’appartamento dove abitavano. Questo senza esagerare né fare del facile pietismo.
L’esigenza di trovare qualche rimedio contro i tagli alla pensione ai superstiti, richiesta a viva voce dagli interessati, sembrava aver fatto breccia nel cuore dei governanti e quando si cominciò a parlare della possibilità di abolire il divieto di cumulo fra reddito e pensione, si pensò che quellasarebbe stata la volta buona. Inveceniente di tutto questo. Infatti l’articolo 19 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con la Legge 6 agosto 2008, n. 133 che ha abolito il divieto di cumulo tra trattamenti pensionistici e redditi di lavoro dipendente, ha lasciato escluse le pensioni di riversibilità e indirette. Si è cercato anche di agire per via legislativa, ma inutilmente. In Parlamento giace ormai sotto uno spesso strato di polvere unaapposita proposta di legge di modifica (n. 1704 del 28/9/2008, assegnata in commissione a novembre dello stesso anno). Non vedrà mai laluce. Ma se l’abolizionedei tagli tutt’assieme può creare oggettivamente dei problemi, si può pensare di agire con gradualità oppure adeguare le fasce di esclusione portandoli a livelli più equi con una soglia minima per aver diritto all’assegno intero ad esempio, un reddito compreso fra i 30/50 euro annui.
Camillo Linguella>
www.laprevidenzacomplementare.it>
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VI LEGISLATURA>N. 1704
CAMERA DEI DEPUTATI
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati>
VANNUCCI, REALACCI, BARETTA, BELLANOVA, MARGIOTTA, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, ZAMPA, ZUCCHI>
Norme in materia di trattamenti pensionistici ai superstiti>
Presentata il 25 settembre 2008>
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce da un attento esame di alcune anomale situazioni in tema di pensioni di reversibilità e si prefigge lo scopo di porre rimedio a tali anomalie.
In particolare, l'articolo 1, comma 41, della legge n. 335 del 1995, cosiddetta «legge Dini», nel riformare la previdenza, ha ritenuto prevalente l'interesse del contenimento della spesa pubblica, con la creazione di limiti di cumulabilità dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario. In realtà questa misura ha penalizzato i soggetti economicamente più deboli, famiglie costituite da un solo componente, in gran parte donne anziane o, a causa dell'elevato indice di disoccupazione, con a carico giovani orfani. Da ciò la proposta di sopprimere tali disposizioni (articolo 1).
In secondo luogo, come è noto, il trattamento di reversibilità ordinaria per le vedove e gli orfani degli invalidi per servizio di prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, a norma del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, è pari, per la durata di tre anni dal decesso del dante accusa, a quello goduto dal pensionato. Alla scadenza dei tre anni inizia a decorrere la normale pensione di reversibilità. Se quanto evidenziato riguarda la pensione, per i trattamenti accessori diretti d'invalidità si è proceduto nel tempo ad una progressiva assimilazione di quelli dovuti ai grandi invalidi per servizio a
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quelli corrispondenti dei grandi invalidi di guerra, ai sensi delle leggi n. 539 del 1950 e n. 474 del 1958. In sostanza il legislatore ha riconosciuto per le più gravi menomazioni la sostanziale parità di trattamento tra grandi invalidi di guerra e per servizio sia per quando riguarda i criteri di valutazione delle infermità sia con riferimento al relativi importi. Tuttavia, tale equiparazione non ha riguardato l'assegno supplementare concesso alle vedove dei grandi invalidi di guerra, pari al 50 per cento dell'importo dell'assegno di superinvalidità goduto in vita dagli stessi, purché abbiano convissuto con i danti causa ed abbiano prestato loro assistenza. Da qui la proposta di estendere la corresponsione di tale assegno anche alle vedove dei grandi invalidi per servizio (articolo 2).
Infine, il terzo intervento normativo che si propone torna ad affrontare il problema della concessione dell'indennità integrativa speciale in misura intera (in luogo del 60 per cento) sulle pensioni di reversibilità concesse dopo il 31 dicembre 1994, ma relative ai trattamenti diretti percepiti dal coniuge deceduto prima di tale data (articolo 3).
PROPOSTA DI LEGGE>
Art. 1.
1. Il terzo periodo del comma 41 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, è soppresso; la tabella F annessa alla medesima legge n. 335 del 1995 è abrogata.
Art. 2.
1. Al coniuge superstite dei mutilati e invalidi per servizio di prima categoria, titolari di assegno di superinvalidità, è liquidato, in aggiunta al trattamento spettante, un assegno supplementare pari al 50 per cento degli assegni di superinvalidità previsti dalla tabella E annessa al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, di cui fruiva il grande invalido.
2. L'assegno di cui al comma 1 è attribuito solo nel caso in cui il coniuge superstite abbia convissuto con il dante causa e gli abbia prestato assistenza.
Art. 3.
1. Le disposizioni relative alla corresponsione dell'indennità integrativa speciale sui trattamenti di pensione di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, si applicano, limitatamente alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e alle pensioni di reversibilità ad esse riferite, indipendentemente dalla data di decesso del dante causa.
2. I commi 774, 775 e 776 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati.
Art. 4.
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni bilancio.