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Acilia, Operazione Alta Marea, la squadra mobile smantella associazione criminale dedita al traffico di stupefacenti, 17 in manette

L’Operazione “Alta Marea” si inserisce all’interno di un incisivo quadro di azioni della Procura capitolina e della Squadra Mobile, tese a contrastare le consorterie criminali operanti sul litorale romano. 17 arresti ad Ostia, Acilia, Dragona e Dragoncello

printDi :: 02 febbraio 2021 15:52
Acilia, Operazione Alta Marea, la squadra mobile smantella associazione criminale dedita al traffico di stupefacenti, 17 in manette

(AGR) Nella mattinata odierna, personale della Squadra Mobile, ha eseguito una serie di arresti disposti dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di 17 (9 in carcere e 4 ai domiciliari, 3 si sono resi irreperibili ed 1 divieto di soggiorno nel comune) soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di aver fatto parte di un’associazione - con base operativa nella zona di Dragona - finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché di cessione e detenzione di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione abusiva di armi. Eseguite, inoltre, quattro perquisizioni delegate, nei confronti di altrettanti soggetti indagati, non destinatari di provvedimento restrittivo.

Lo spessore criminale dei soggetti coinvolti, gli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente sequestrata e le risultanze acquisite nel corso delle indagini, hanno cristallizzato ancora una volta come i territori di Ostia, Acilia e dintorni rappresentino un mercato appetibile per più organizzazioni criminali, in lotta tra loro per il predominio delle attività illecite, in particolare il controllo delle piazze di spaccio. L’Operazione “Alta Marea”, infatti, si inserisce all’interno di un incisivo quadro di azioni della Procura capitolina e della Squadra Mobile, tese a contrastare le consorterie criminali operanti sul litorale romano.

 
A capo della banda C. D., con precedenti specifici, gestore di un Bar a Dragoncello, base logistica presso la quale veniva custodita la sostanza stupefacente in attesa della sua immissione sul territorio capitolino e già teatro di scontri tra sodalizi criminali, in lotta tra loro per il controllo delle zone di spaccio di droga sul quadrante territoriale di Acilia, Ostia, Dragona e Dragoncello.

L'organigramma della banda

Nel giugno 2018, infatti, alcuni componenti di due gruppi delinquenziali avversi, appartenenti alla famiglia romana dei S. - legati da vincoli di parentela con il noto pregiudicato E. M. e a quella campana dei C., da tempo trapiantata ad Acilia che si sono affrontati in una serie di aggressioni armate. Davanti al bar di Dragoncello va prima in scena il tentato omicidio di T. G. da parte dei fratelli D. e A.S. i quali lo colpiscono dapprima con dei pugni e poi gli sparano un colpo di pistola mentre questi si rifugia nel locale, al quale segue una immediata risposta armata da parte dei C., chiamati in soccorso dal T. stesso, che irrompono armati sulla piazza alla ricerca dei fratelli S. e, non trovandoli, pestano brutalmente e tentano di sequestrare A. V.

Gli episodi, avvenuti nella completa omertà sia dei soggetti coinvolti che delle persone presenti, non rimangono impuniti: con l'Operazione "Via del Mare" del maggio 2019, infatti, la squadra Mobile, trae in arresto per tentato omicidio, sequestro di persona e lesioni personali, i sei protagonisti delle violenze.

In questo contesto di frizioni e scontri per il predominio delle piazze di spaccio, si muove il C., imponendosi sul mercato romano di Dragona e Dragoncello, forte dei suoi rapporti con una serie di reti criminali italiani e albanesi operanti nel territorio capitolino, legate tra loro da accordi economici funzionali all’organizzazione dell’importazione di ingenti quantitativi di stupefacenti.

Basi logistiche dell’associazione, due bar di Dragoncello

È qui che avvengono , tra l’altro, gli incontri e si perfezionano gli accordi tra le varie parti, sempre alla presenza del C.o del suo braccio destro P. A. Con il P., incensurato e impiegato presso l’AMA, venivano condivise le principali scelte operative e gestite le fasi dell’acquisto e dello smistamento della sostanza stupefacente, come nella circostanza del carico di 90 kg di hashish, venduto al C. e al P. da F. R. e R.A., i quali lo avevano a loro volta ricevuto dall’albanese I. Acquirenti finali di tale partita di hashish - che si rivelerà poi di pessima qualità - i fratelli M. V. e M. Le difficoltà di smercio della partita di droga sul mercato, emergono dai dialoghi intercettati in ambientale tra il P. e il C., ai quali, in una occasione, assiste anche il noto pregiudicato lidense G. R.

Il C., in particolare, si mostra irritato perché i fratelli M. prendono tempo per reperire gli acquirenti e non pagano la fornitura, tanto che decide alla fine di recuperare parte del carico e cederlo a B. G., classe ’73.

A conferma di questo ulteriore scambio, l’arresto eseguito nei confronti del B. trovato in possesso di più di 72 kg. di hashish e le parole del C., che - intercettato - sostiene di non volersi accollare per intero l’onere economico dello stupefacente sequestrato, che dovrà invece essere equamente diviso anche con gli altri acquirenti.

La dimostrazione che il gruppo criminale sia ben inserito nel mercato e sia in grado di movimentare rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente, si ha nell’ottobre 2018, quando il C. viene sorpreso con più di 488 kg. di hashish, acquistato sempre da albanesi e pronto per essere diviso tra i vari coacquirenti P. A. e A., S.F. e F.R.

Nonostante l’arresto del “capo” però, l’operatività dell’associazione non viene meno. Deputati a mantenere attive le interazioni criminali tra il vertice dell’organizzazione, gli altri sodali e gli acquirenti, infatti, sono C. G. e F. S., rispettivamente fratello e moglie del C.D., i quali intrattengono costanti rapporti con quest’ultimo attraverso i colloqui in carcere e ne veicolano poi i messaggi all’esterno, in particolare quelli relativi alla destinazione della sostanza stupefacente non ancora commercializzata e alla definizione delle pendenze economiche.È sempre il C. a gestire le operazioni, a tenere i conteggi relativi agli scambi di droga e a impartire ordini per il tramite del fratello e della moglie.

Non meno importante è l’apporto fornito da V.C. e Z. W., entrambi gravati da precedenti specifici e stabili acquirenti del C.-con il quale intrattengono fitti rapporti commerciali- chiamati a collocare lo stupefacente sul mercato al dettaglio.

Il coinvolgimento dei venditori albanesi e del “gruppo di acquisto” per l’affare dei 488 kg di hashish, emerge chiaramente dalle dichiarazioni alle quali si lascia andare il C. in carcere, lamentandosi della sfortunata serie di eventi per i quali è rimasto l’unico coinvolto nell’operazione di polizia: “quella sera eravamo in sei, so ito bevuto solo io, in sei eravamo aho, tre albanesi, due con la macchina, il vecchio, il ragazzo, io, e m’hanno bevuto solo a me”. Le circostanze del suo arresto, infatti, sono strettamente connesse al ritardo dei “cavalli” del F., R.A. e P.G.: questi ultimi, incaricati di recuperare lo stupefacente, si presentano tardi all’appuntamento con il C. che, non riuscendo a portare a termine velocemente lo scambio, viene arrestato all’interno del comprensorio di Via Giovanni Spano a Dragona.In occasione del suo arresto viene anche eseguita una perquisizione all’interno del bar dove vengono rinvenuti altri 68 kg. di hashish nonché un revolver Smith&Wesson che O. O.– proprietario del locale - indica appartenere a C.D. Per tali fatti, l’O., giudicato in separato procedimento, è stato condannato in via definitiva a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Peraltro, il revolver del bar non è l’unica arma nella disponibilità del C.Nel corso delle indagini, infatti, vengono sequestrati all’interno dell’abitazione di un soggetto estraneo all’organizzazione, un altro revolver Smith&Wesson con matricola abrasa e 153 cartucce.

Che tale materiale sia in realtà di proprietà del C. – chiamato a rispondere anche di ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi - è non solo ammesso dal proprietario dell’appartamento, ma anche attestato dal contenuto delle intercettazioni telefoniche nelle quali il C. chiede di poter accedere al luogo adibito a nascondiglio, per recuperare il “ferro”.

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