Vita da Strada

I senza dimora o popolo dei cartoni per tre>quarti sono maschi, età prevalentemente compresa tra i 25 e i 34 anni (ma è una soglia chetende ad abbassarsi), quasi sempre non sposati; uno su quattro ha un diploma di scuolamedia superiore, o addirittura una laurea.
La mancanza di lavoro porta il singolo nella condizione di non poter disporre diun alloggio. A questa situazione si somma spesso la rottura dei legami familiari, sia neiconfronti della famiglia di origine che non provvede più al congiunto,sia nei confronti del partner, arrivando alle separazioni di coppia. Da qui alla marginalità il passo è breve, quasi automatico.
Non esiste una sorta di sindrome della strada. Piuttosto, ci sono persone deboli che si riducono alla strada perché non vengono aiutate nel loro disagio. In una comunità integrata, la marginalità grave riguarda non solo i settori che fanno riferimento costante ai servizi di assistenza, e che in essi arrivano a definirsi, ma anche gli immigrati, i profughi, le prostitute, i tossicodipendenti. E questo comporta una ridefinizione del modo in cui la normalità percepisce il diverso: maggiore visibilità e comportamenti considerati inappropriati si trasformano in problema sociale e in forme di turbamento per l'ordine costituito.
Il diverso rappresenta il degrado della realtà cittadina, e quindi ne richiede larimozione.
Si vuole insomma ristabilire una distanza sociale, e spesso questo scivola in unconflitto che può portare a forme medioevali di caccia alle streghe: basti pensare alle rondecon cui i cittadini che si considerano normali si propongono di "ripulire" la città».
Il percorsoche accompagna l'emarginato alla condizione di «senza fissa dimora» è tutto sommatorapido, e in un certo senso codificato in un sistema di regole non scritte.
La persona in crisiesistenziale, una volta che interseca il mondo dell'emarginazione, si trova al centrodell'attenzione sia da parte degli emarginati già cronici, sia degli operatori dei servizisociali. Questo le consente di stabilire una serie di rapporti fondamentaliper la suasopravvivenza.
Il primo approdo in genere è la stazione ferroviaria, dove scattanomeccanismi ormai collaudati nel tempo, e dove i «vecchi» fanno da docenti di una vera epropria scuola di sopravvivenza: prima di tutto il mangiare e il dormire, poi come sfruttarele varie opportunità per sbarcare la giornata. L'altro contatto, quello con i servizi sociali,avviene di solito nelle mense, dove spesso sono gli stessi «vecchi» a introdurre il nuovoarrivato, presentandolo come un soggetto in momentanea difficoltà, costretto da fatti>
contingenti a chiedere aiuto per poter rientrare nella normalità.
Anche qui c'è un codicetacito: gli operatori gli spiegano che il pasto non è gratuito, ma che per i primi giorni sichiuderà un occhio. Sono loro a inviarlo per la notte in qualche dormitorio, dove gli verràdato un posto. Nei giorni successivi tenteranno di convincerlo a tornare a casa, o diriagganciarlo comunque ai parenti: tentativo che in genere fallisce, con la conseguenza chea quel punto l'individuo riceve una sorta di patente di barbone. E scivola nell'invisibilità.