L’Associazione amici alzheimer una realtà imprtante sul terrritorio Ostiense
associazione
(AGR) Quando la malattia dell’Alzheimer colpisce i nostri cari e il mondo intorno a noi, ci sembra di sprofondare nell’abisso e di avere la sensazione di non potercela fare a sostenere un macigno così pesante e devastante tanto da sconvolgere le vite di tutti.
Eppure quando ci accorgiamo che la malattia dell’Alzheimer è arrivata al nostro caro, nella nostra famiglia, in generale ci troviamo già in una fase che non ci consente di poterla “fermare”. Infatti, la demenza di Alzheimer ha, in genere, un inizio subdolo come riferisce la fondatrice e presidente dell’Associazione Amici Alzheimer Claudia Martucci “… le persone cominciano a dimenticare alcune cose, per arrivare al punto in cui non riescono più a riconoscere nemmeno i familiari e hanno bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici”.
La malattia colpisce la memoria e le funzioni cognitive, si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.
E’ stato Alois Alzheimer, neurologo tedesco che nel 1907 che ne descrisse sia i sintomi che gli aspetti neuropatici, a seguito dell’esame autoptico di una donna morta a causa di una strana malattia mentale che evidenziava delle placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari.
Da allora ad oggi la scienza e la ricerca ha fatto grandi passi tanto che oggi, le placche formate da proteine amiloidi e i viluppi, vengono considerati gli effetti sui tessuti nervosi anche se, nonostante tutto restano ancora sconosciute le cause.
I sintomi premonitori di questa devastante malattia come racconta Claudia Martucci, possono essere inquadrati nell’ambito del “cambiamento” del nostro caro sia negli atteggiamenti verso i famigliari sia verso gli altri “ … è necessario considerare che la perdita di memoria che sconvolge la vita quotidiana di un nostro caro non rappresenta una caratteristica normale dell’invecchiamento, bensì un campanello d’allarme per i congiunti. Uno dei segnali più comuni del morbo di Alzheimer è proprio la perdita di memoria, soprattutto il dimenticare informazioni apprese di recente. Altri segnali sono il dimenticare date o eventi importanti, chiedere le stesse informazioni più volte, un sempre maggiore bisogno di contare su strumenti di ausilio alla memoria (ad esempio, note di promemoria o dispositivi elettronici) o su membri della famiglia per cose che si era soliti gestire in proprio” dice Claudia Martucci continuando “ … ma è chiaro che questo sintomo non è l’unico, infatti, ci sono ulteriori sintomi che dovrebbero indurci ad accompagnare il nostro caro verso una effettiva diagnosi, come ad esempio la difficoltà a completare le attività quotidiane. A volte, possono avere problemi per guidare l’auto verso un luogo familiare, per gestire un budget al lavoro o ricordare le regole di un gioco preferito. Oppure, altro sintomo importante da valutare nel famoso “cambiamento” il nostro caro può avere difficoltà a seguire o a partecipare a una conversazione, fermandosi nel bel mezzo del discorso e non avere alcuna idea di come continuare, lottando magari con il vocabolario, non riuscendo a trovare la parola giusta o chiamando le cose con il nome sbagliato…”.
Certamente l’Alzheimer è una fatale malattia del cervello che provoca un lento declino delle capacità di memoria, del pensare e di ragionamento “… questo è il motivo per il quale nel 2011” continua Claudia Martucci “… ho fondato l’associazione provenendo io stessa da un’esperienza devastante che ha visto coinvolto mio padre che a 50 anni si è ammalato di una forma precoce di demenza fronte temporale. L’associazione offre un sostegno a tutte le persone che giornalmente combattono con questa malattia offrendo il proprio supporto alle famiglie, ai caregivers, agli ammalati, attraverso i propri specialisti qualificati senza dimenticare l’assistenza per tutta la parte burocratica per l’accesso alle provvidenze dello Stato”.
Ormai si è sempre più certi che le terapie farmacologiche non sono in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi. Per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, farmaci come tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina possono aiutare a limitare l’aggravarsi dei sintomi per alcuni mesi. Questi principi attivi funzionano come inibitori dell'acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l'acetilcolina, il neurotrasmettitore carente nel cervello dei malati di Alzheimer. Perciò inibendo questo enzima, si spera di mantenere intatta nei malati la concentrazione di acetilcolina e quindi di migliorare la memoria, come riferisce tra l’altro l’Istituto Superiore di Sanità.
E, dunque, è importante, in associazione alla terapia farmacologica, prestare molta attenzione alla parte di orientamento alla realtà “…il mantenimento delle abilità cognitive residue volte al rallentamento del decadimento cognitivo sono tra i servizi che noi offriamo con incontri sia in associazione che a domicilio presso l’ammalato “ dice Claudia Martucci.
È importante oggi più di ieri sapere di non essere soli in questa terribile malattia e in caso di necessità realtà come l’Associazione Amici Alzheimer può offrire un grande supporto alle problematiche che oltre la malattia spaventano gli spaesati famigliari e caregivers. Una ulteriore forma di amore, verso il proprio caro e anche verso se stessi.