Paredes fa sognare la Roma, Mancini la riporta sulla Terra
BAYER LEVERKUSEN - ROMA 2-2
(AGR) Dai, chi avrebbe mai potuto credere che il due a due sarebbe arrivato? Eppure è arrivato, inaspettatamente, come manna dal cielo, grazie a due rigori, giustissimi, decretati a suo favore! E sul 2-0 per la Roma, la regia televisiva stacca sui sostenitori giallorossi e si leggono chiaramente i tanti ‘Andiamo!’ urlati a squarciagola dalla legione dei sostenitori romanisti presente sugli spalti del bellissimo stadio Bay Arena. ‘Andiamo!’ sì, era quella la parola d’ordine alla quale la Roma doveva fare riferimento fino al triplice fischio arbitrale. L’ha fatto? Sì, per quanto è stato nelle sue possibilità. Abbiamo visto Pellegrini uscire dal campo letteralmente stremato dalla fatica, il grandissimo Paredes trasformare i rigori con la freddezza che in simili circostanze solo i campioni del mondo possiedono, e poi praticamente prendere in mano la squadra e guidarla insieme a Pellegrini e Cristante, con lo scalpitante El Shaarawy esterno sulla fascia, pronto a spaccare in due la porta tedesca alla prima occasione.
E che dire dell’immenso Svilar? Il portierone belga, naturalizzato serbo, di miracoli ne ha fatti, eccome se ne ha fatti, prima che la Roma andasse sul doppio vantaggio, e dopo, quando il Bayer spingeva e spingeva: eh già, perché i renani, pure sotto di due goal a casa loro, non si sono mica disuniti, anzi, di occasionissime ne hanno avute, e se avessero piazzato tre picchi nella porta romanista, già dopo i primi quarantacinque di gioco nessuno avrebbe avuto nulla a che ridire. Per carità, non che il simpatico Bayer possa essere paragonato al mitico Real Madrid, alla connazionale Borussia Dortmund o all’ormai leggendario Bayern, con il quale c’è solo una certa assonanza nel nome, ma niente più: tra queste autentiche corazzate del calcio e i renani c’è troppa differenza in termini di qualità individuale e di squadra e si è visto. Ma a favore del Bayer gioca un invidiabile affiatamento tra i singoli che probabilmente va al di là della semplice conoscenza professionale, estendendosi ben oltre. Un amalgama, quello del Bayer, che probabilmente ben poche squadre hanno. Un po’ come accadeva ai tempi del glorioso Ajax di Cruyff, dove le vigilie delle partite erano vissute in gruppo, magari andando al mare con fidanzate, mogli e figli.
Il Bayer Leverkusen, e chi ha visto la partita se ne sarà certo accorto, non ha nomi altisonanti nel suo organico o giocatori che abbiano una larghissima fama continentale: dando l’impressione di agire più da portatori d’acqua che da primedonne, in realtà si rivelano utilissimi nel gestire l’economia della propria squadra, parti imprescindibili di quel motore chiamato Bayer, che gira a mille in qualsiasi partita, mai avendo inceppamenti o subendo fermi improvvisi per mancanza di carburante: abbiamo ben visto come i pit-stop siano stati effettuati nei tempi e nei modi previsti. I ragazzi del Bayer non vanno a caccia dell’avversario per dribblarlo né vanno cercando il numero ad effetto, la giocata che lascia senza fiato, la finta ubriacante che stordisca il malcapitato avversario di turno, no, essi vanno dritti dritti ai venti, sedici metri avversari e lì o provano ad imbastire l’uno-due veloce con il compagno che lo affianca (ce ne sono sempre un paio che accompagnano il portatore di palla, pronti allo scambio) oppure la danno dietro (idem come sopra) oppure vanno direttamente al tiro. Le azioni dei tedeschi sembrano inoffensive, senza sbocchi, perché non vengono mai sviluppate con furia isterica, ma, piuttosto, appaiono ragionate, ponderate, roba da ragionieri, più che da funamboli del pallone, poi all’improvviso, te ne ritrovi cinque o sei in area, pronti a concludere: insomma, fanno massa e alla fine l’occasione buona ci scappa sempre: cross, tiracci, tutto fa brodo, basta che entri, menomale che c’è Svilar…
Tra i tanti ‘modelli’ di organizzazione di gioco che vengono proposti di stagione in stagione, e che quasi sempre si rivelano del tutto fasulli, questo del Bayer Leverkusen dovrebbe essere preso in considerazione da certi ‘profeti’ che in realtà, al crepuscolo della propria carriera e nonostante i tantissimi trofei vinti, altro non sanno fare se non ‘profetare’ lamentandosi, sbraitare e farsi cacciare.
Tecnicamente, il Bayer è ben costruito: non si è imbattuti da circa cinquanta partite tra campionato e coppe e non si diventa campioni di Germania per puro caso! Ecco, tale era l’avversario con cui la Roma doveva battersi. Forse, prima di giocarci contro, molti identificavano il calcio tedesco con il Bayern di Monaco e magari, citando il grande Califano, consideravano che ‘tutto il resto è noia’: quale errore di valutazione! Dopo averla vista all’opera, tutta quella massa di cosiddetti esperti, quelli cioè che non ne azzeccano mai una, si sono resi conto che la squadra renana è una splendida realtà.
La Roma è andata là con due goal sul groppone: un macigno pesante mille tonnellate, visto il calibro dell’avversaria. E infatti i tedeschi hanno preso subito il sopravvento, la Roma non si ritrovava: dov’era finita la grande Roma ammirata contro l’altrettanto grande Juventus? Ah, già, non c’era Dybala, poi, presto è uscito anche il fuoriclasse Spinazzola, ma il pur bravo Zalewski, che gli era subentrato, non la vedeva mai. Sotto l’imperversare delle offensive del Bayer, la difesa giallorossa veniva sottoposta ad un surplus di lavoro, cui qui da noi non è abituata, e allora era un continuo rincorrere questo o quell’avversario, un cercare di tamponare, tappare, metterci una pezza, poi, quando sembrava essere arrivata l’ineluttabilità del goal renano, ci pensava Svilar, l’immenso Svilar, sì, proprio quello dei rigori parati, delle paratone cui ormai ci ha abituati, dei tanti miracoli che hanno impedito al Bayer di rifilare almeno tre goal ai giallorossi già nel primo tempo.
Intanto, ‘NDicka, totalmente immerso nel turbine della battaglia, sovente, ad ampi gesti, richiamava centrocampisti e attaccanti: “venite a coprire, venite a coprire!” e allora, ecco El Shaarawy, Pellegrini, Cristante che, quando capitava, si adattavano a difensori, cercando di dare un seguito ai loro interventi, tentando, cioè, di imbastire qualcosa da potersi definire offensiva, o che ne avesse almeno la parvenza, ma là davanti c’era il generosissimo Azmoun, che combatteva una guerra di nervi con i suoi guardiani, rimediando qualche punizione per la Roma, e, ma solo nominalmente, c’era pure Lukaku, che, quando i difensori tedeschi avevano appena appena il sentore che il pallone era diretto a lui, lo bloccavano ora in clinch, ora con atterramenti plateali: vista la sua mole immensa e il ‘caratterino’ dei suoi custodi, il belga avrebbe potuto provare a farsi sentire, letteralmente, un po’ di più, giusto quel tanto che bastava per non farsi mettere le mani, e i piedi, addosso. Il belga, talvolta dava l’impressione di essere fuori posto, di non avere la giusta concentrazione, di non essere in partita, cosa che, dispiace dirlo, gli accade ormai da diverse partite.
Magari ci sarebbe da dire che qualcuno della squadra non ha ancora capito che il pallone a Romelu glielo devi dare a scorrere, allora sì che il belga diventa imprendibile: se glielo dai addosso è ben difficile che riesca a prenderlo, perché la muta latrante gli strappa la pelle prima che il pallone gli arrivi; ne aveva sempre tre addosso, e, non avendo il medianetto che gli fa da scudiero, la sola cosa che poteva fare era spostarsi da destra a sinistra avanti e indietro, alternando movimenti a contro-movimenti, senza sosta, in un continuum tale da sfiancare anche un elefante. Poteva farlo, il fisico ce l’ha, ma quei movimenti vanno preparati prima, non possono essere improvvisati; rimanendo là, invece, per i difensori del Bayer tutto diventava più facile: dalla cintola in su, la Roma perseverava nel cercare sempre e comunque Romelu e questi veniva puntualmente anticipato o fermato dai tedeschi, anche con le cattive, con il risultato che, in avanti, praticamente la Roma non esisteva, di fatto giocando in dieci.
Né, quando è entrato, Abraham ha fatto di meglio. Il che, cioè la mediocrità delle prestazioni fornite dai due, ci porta a ritenere che sia l’uno che l’altro abbiano fatto il loro tempo in maglia giallorossa. Se punti a vincere, non dico la Coppa dei Campioni, ma almeno la Coppa Italia, devi avere bomber veri, magari un Rudy Voeller, tra l’altro presente all’evento, uno che sappia farsi largo tra le maglie avversarie, un Boninsegna, un Riva…
In questo contesto, cioè costretta a difendersi e basta, arrivava il doppio vantaggio della Roma: due nettissimi rigori che il grande Paredes trasformava con freddezza, esplodendo poi la sua gioia a pieni polmoni, correndo a ricevere gli abbracci e baci da compagni e panchinari. ‘Andiamo’ l’urlo dei legionari saliva nel cielo dello stadio renano, mentre la tifoseria del Bayer era lì, muta, ad assistere alla sfrenata esultanza romanista. Nell’occasione, abbiamo ammirato la compostezza dei tifosi locali: non un fischio, non un insulto è partito da quella tifoseria, ma, semmai, grande rispetto per le manifestazioni di gioia degli avversari. Sono questi comportamenti che indicano come i valori dello sport, di qualsiasi sport, non siano soltanto declamazioni retoriche, ma, anzi, principi ben radicati anche nella società civile. Sono questi i valori che più ammiriamo.
‘Andiamo, andiamo!’ urlavano dagli spalti i duemila e passa tifosi romanisti. Era quello il momento più bello della Roma, quello di cui il popolo romanista poteva averne solo vagheggiato. Quello era il momento in cui, finalmente la Roma prendeva coscienza delle proprie possibilità, e allora tutto diventava più facile: scambi fluidi, buone trame, l’odore del terzo goal nell’aria. Siamo ormai oltre l’80’, la partita si mantiene su buoni livelli d’intensità. Entrambe buttano dentro le energie residue: sono in riserva tutt’e due… Nella Roma entrano Abraham e Smalling al posto di Angelino e Pellegrini.
81’: in area giallorossa arriva un pallone da sinistra, salta Smalling e salta Svilar, i due si urtano e il portiere romanista non riesce né a bloccare né a respingere il pallone che piomba su Mancini e finisce in porta. 2-1 per la Roma, ma c’è ancora tempo: c’è bisogno di fare l’impossibile, un goal, per arrivare almeno ai supplementari, i giallorossi si buttano avanti ma si scoprono: Stanisic, nuovo arrivato, cattura palla nella propria metà campo e vola verso Svilar, che stavolta non può nulla: è il 97’ quando quel velenosissimo pallone supera la fatale linea bianca, mettendo fine ai sogni giallorossi.
Naturalmente, onore al merito della squadra tedesca: più scaltri, meglio organizzati tatticamente, migliore condizione psico-fisica eccetera eccetera, ma la Roma si è battuta alla grande pur non avendo schierato Dybala, il giocatore che attualmente può essere considerato l’anima della squadra. Probabilmente, quella di non schierare dall’inizio il campione argentino è stata una scelta di De Rossi, forse dettata dalla non sicurezza di rimontare i due gol, poi, quando la Roma ha annullato il doppio svantaggio, la panchina ha pensato di farlo entrare ai supplementari, visto che ormai si approssimavano o forse, ancora, Dybala risentiva dei postumi delle tane botte prese in campionato e non era in condizione.
Ma ora, le congetture, i forse, i se e i ma servono a nulla. In realtà, e su questo non abbiamo timore di essere smentiti, la Roma ha perso l’autobus della finale perdendo all’Olimpico, davanti al proprio pubblico. Nel suo stadio, la Roma si è fatta imbrigliare da una avversaria, sì, di tutto rispetto, ma comunque largamente alla sua portata. È all’Olimpico che la Roma avrebbe potuto, dovuto vincere, non lasciarsi irretire dal gioco stile ‘non svegliare il cane che dorme’ esibito dal Bayer. Poi, la scemenza fatta da Karsdorp ha fatto il resto.
A chiudere, un paio di considerazioni. Le ultime due avversarie della Roma in coppa UEFA Europa League, provenivano dalla Champions League, essendone state buttate fuori. Niente da dire, questo è il regolamento accettato da tutti, ma, noi, ne abbiamo già scritto diffusamente, questo ridicolo travasare squadre eliminate da altre competizioni, non è che non riusciamo a capirlo, semplicemente non lo accettiamo: Champions, Uefa, Conference sono tre tornei diversi ma per accontentare chissà chi, le terze di Champions vengono riciclate in Uefa, le terze di Uefa vengono riciclate in Conference e in questa terza coppa, le terze vanno a casa. Di fatto, dalla prima fase della Champions ne escono solo otto e si consente alle otto ripescate di proseguire tranquillamente in Europa, sebbene in altro torneo, e di assicurarsi così altri lauti incassi, quando invece dovrebbero andare a casa a rimuginare sui perché dell’eliminazione.
C’è forse il timore di perdere squadroni che assicurano sicuri sold-out o che prenda corpo, stavolta sul serio, una sorta della tanto temuta ‘Super Lega’? Questa logica dei ripescaggi, perversa e antisportiva sotto tutti i punti di vista, di fatto sta trionfando da un paio di edizioni, a scapito di chi la qualificazione se l’è guadagnata sul campo. Non sarebbe più semplice far accedere alla fase successiva le prime tre classificate nei gironi dei tre tornei? D’accordo, ci sarebbe qualche partita in più, ma il calcio è un prodotto che si vende da solo, quindi…
In merito, sembra che ai piani alti del football ci siano stati rinsavimenti: arrivano voci che la prossima edizione delle varie coppe avrà un regolamento diverso: speriamo che non sia peggiore di quello attualmente in vigore, che non sia un cadere dalla padella alla brace.