A Campo di Marte, Roma spazzata via dall’uragano Fiorentina
FIORENTINA - ROMA 5 - 1
FIORENTINA - ROMA 5 - 1
(AGR) Di per sé, quello della Fiorentina è un campo ostico per qualsiasi avversario vi capiti. Lo è storicamente. Aggiungendo che in questa fase del campionato la squadra viola sta attraversando uno splendido stato di forma psico-fisica che sta dando ottimi frutti anche in campo europeo, allora non ci si può non convincere che l’Artemio Franchi diventa inespugnabile ancora di più: ‘Lasciate ogni speranza voi che entrate’, si potrebbe dire, scomodando il Sommo Poeta. Di fronte a questa brillantissima Fiorentina, quante possibilità aveva la Roma di chiudere la trasferta a Campo di Marte portando via almeno un punto, visto e considerato che di vincere su quel campo manco a parlarne? Facile rispondere: pochissime, forse nessuna perché tutto dipendeva da come si sarebbe messa la partita. Al fischio d’inizio, Fiorentina subito arrembante e di lì a poco, al 9’, va in goal: viola in ripartenza con Bove, che trova bene Kean, pallone quindi a Beltran che di tacco serve ancora Kean, gran diagonale e goal.
La Fiorentina continua a spingere, Roma che appare irretita dalla dinamicità viola, praticamente è ferma: al 17’, Celik, in area, non trova di meglio che fare fallo su Bove, rigore battuto da Beltran e raddoppio viola. Juric corre ai ripari: fuori Angelino e Cristante, dentro Zalewski e Konè: cambia qualcosa? Macché, tuttavia arriva il goal giallorosso di Konè, che in qualche modo dà ossigeno alla Roma. Ma la reazione della Fiorentina arriva immediata e dura: Gosens e Celik duellano sulla fascia, il viola commette un evidente fallo sul romanista, ma l’arbitro Sozza inspiegabilmente lascia correre, pallone a Bove, cross preciso per Kean che insacca. È il 41’ e sul punteggio di 3-1 per la Fiorentina, la partita è già praticamente finita. Al rientro per la ripresa, la Fiorentina riprende il completo controllo della situazione.
E infatti… al 71’, l’oggetto misterioso Hummels, al suo esordio assoluto in maglia giallorossa, entrato da qualche minuto, riesce ad entrare nella storia della Roma nel peggiore dei modi: con un autogoal di testa, roba che a raccontare non ci si crede. È il 5-1 per la Fiorentina. Di questa batosta, sarà bene che i coinvolti a vario titolo nella gestione e nel funzionamento della società giallorossa ne prendano atto e ne traggano i salutari insegnamenti. Giustamente Juric ha affermato, tra l’altro che ‘meglio che sia arrivata adesso’. Una frase saggia, che non nasconde l’amarezza per la debacle di Firenze, ma che lascia anche intravvedere quanto il bravo tecnico sia fiducioso nel proprio lavoro. In prospettiva, naturalmente. Intanto andando a riflettere, sono d’obbligo alcune domande alle quali, alla luce della gestione del mercato dei trasferimenti e del parco giocatori a disposizione dell’allora tecnico, bisognava dare risposte certe, prima che il campionato iniziasse, soprattutto alla tifoseria, che è poi quella che consente i sold-out.
Obiettivo quinto posto: ma vi siete accorti di quanto le concorrenti si siano rafforzate? La Roma, invece, va avanti con giocatori, bravi sì, ma di qualità appena media, che vanno bene per obiettivi di centro-classifica e basta. Obiettivo: top-player: questa frase inglese significa giocatore di livello altissimo, cioè Bellingham, Kane, MBappè e via dicendo. Alla Roma, invece, è arrivato un certo Dobvyk che, per carità, sarà pure bravo, ma di punte così ce ne sono anche da noi, anche in serie B. In un’ottica di rinnovamento dell’organico, rientravano pure i reparti di difesa e centrocampo. Anche qui le aspettative erano di vedere difensori del calibro di Otamendi (Argentina), e mezzali come De Paul (Argentina) tanto per citare i primi due che vengono in mente, invece non è arrivato nessun grosso nome e la Roma è andata avanti con i soliti Pellegrini e Cristante.
Insomma, i giocatori che servivano alla Roma per tentare di andare oltre la coppa UEFA erano tre, al massimo quattro. E allora, vista l’incapacità della proprietà di assicurarsi i servigi di giocatori di livello internazionale medio-alto, e vista l’inadeguatezza dell’organico a disposizione a centrare certi obiettivi (incluso, almeno per il momento anche quello di coppa Uefa), è più che corretto chiedersi: Cosa ci si può aspettare da questa Roma, se a livello di proprietà, dove ai comodi cadreghini della Montemario e al possente e passionale tifo giallorosso vengono puntualmente preferiti i confortevoli relax in sperduti ranch del Texas rimbombanti del continuo mugghiare degli armenti e delle laceranti urla degli armentieri?
È ormai evidente che stiamo assistendo ad un ‘abandon ship’ in piena regola, discreto ma puntuale e continuo, che si verifica, cioè, ad ogni partita della Roma. Uno sganciamento che per il modo sottotraccia in cui sta avvenendo, si potrebbe definire ‘all’inglese’. Non ci sarebbe da stupirsi se, magari in un futuro prossimo, venisse annunciata la cessione della Società. Di certo, non ci sarebbero rimpianti da parte della tifoseria.
Dunque, dalla proprietà c’è da aspettarsi nulla, salvo qualche scarno comunicato. E, a livello di parco giocatori, cosa c’è da aspettarsi nel prosieguo di campionato da questa Roma rabberciata e confusa, dove tanti, troppi, giocatori di scarsa qualità, ma ben foraggiati, hanno da tempo piantato le tende, quasi che fosse diventata cosa di loro esclusiva ed inalienabile proprietà, dove lo spogliatoio in ebollizione da tempo, che quotidianamente capta gli echi dei maltrattamenti che arrivano dalla gran parte della medialità della sua città. In teoria, la medialità locale dovrebbe essere quella che in qualche modo, se non proprio sostenendola svisceratamente, quantomeno dovrebbe cercare, almeno, di sostenere, incoraggiare, magari provare a smussare gli angoli piuttosto che a gettare benzina sul fuoco, quando si intravedono nubi all’orizzonte.
Sembra, invece, che accada esattamente il contrario, con certa medialità - spazzatura che si sollazza pubblicando voci incontrollate, strane previsioni, fake-news talmente ridicole da far sorridere anche la tifoseria giallorossa. Guardando all’aspetto tecnico, cioè alle qualità singole e di gruppo di questa squadra, come non accorgersi che, tolto qualche avventizio piovuto chissà da dove, non pochi tra questi giocatori furono agli ordini di Mourinho, dei quali, dopo la sua prima stagione alla Roma, chiese l’avvicendamento con altri di diversa caratura, cosa che la proprietà non gli concesse, sicché, a parte qualche arrivo di vecchie glorie o, se preferite, di giocatori che nulla avevano più da chiedere alla propria carriera, di top-player se ne sono visti… nessuno. Il mancato arrivo di assi, veniva controbilanciato dalle partenze di ragazzi promettenti.
Nelle due stagioni mouriniane che sono seguite, la cosa si è ripetuta, sicché oggi in questa squadra militano giocatori che hanno fatto il loro tempo. Perché è chiaro che non è mai vero che spendendo tanti milioni al mercato dei trasferimenti poi vinci coppe e scudetti o chissà cosa. Non è mai vero. Ma forse, per capire la fallacità di questo teorema (Tanti soldi = tanti bravi giocatori) si dovrebbe capire in quali realtà calcistiche ci si trovi, e finora non sembra proprio che chi di dovere abbia capito queste realtà, cosa significhi fare mercato dei trasferimenti, visto che i vari organici della squadra di queste ultime sei, sette stagioni erano piene di bidoni e mezzi giocatori, quando non giocatori buoni per giocare in categorie inferiori o in campionati dove il calcio è rimasto agli anni ’50.