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Sanità e paradossi italiani, l’Agenas manda a casa 70 lavoratori. Venerdì la protesta dei sindacati

L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali non rinnova i contratti ai precari "storici". Fp Cgil Roma, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl: in piena emergenza Covid 19 svolgono un ruolo di primaria importanza, stabilizzazioni subito

printDi :: 28 ottobre 2020 16:07
Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali

Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali

(AGR) Non si sblocca la questione dei 70 precari dell’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali giunti a scadenza contratto e non ancora riconfermati. Dopo lo stato di agitazione proclamato dai sindacati (e dopo gli emendamenti bocciati, presentati da Laura Boldrini e Pietro Grasso, quest’ultimo dello stesso partito del ministro della Sanità Speranza), ora Fp Cgil Roma, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl provano a forzare la mano con un presidio di protesta sotto la sede dell’Agenzia a Roma il prossimo 30 ottobre. Un colpevole ritardo, per le organizzazioni dei lavoratori, ascrivibile alla parte datoriale, che si è protratto fino ad arrivare a ridosso della scadenza di contratto del 2 novembre.

La preoccupazione di Fp Cgil Roma, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl è riportata in un comunicato: «Bisogna rinnovare immediatamente i contratti e poi avviare il percorso verso la stabilizzazione definitiva del personale, attraverso l’applicazione delle norme vigenti o la previsione di specifiche norme nei prossimi provvedimenti normativi. Anche perché si tratta di operatori che svolgono un ruolo di primaria importanza, insieme agli altri 150 lavoratori dell’Agenzia, per il coordinamento della sanità nazionale nella gestione della fase di piena emergenza Covid-19».

 
E pensare che il decreto Liquidità ne aveva perfino espanso le funzioni. Ma oltre al danno per i precari ci sarebbe spazio anche per la beffa per la collettività spiegano i sindacati: «Il loro apporto professionale, soprattutto in questo momento di nuova emergenza, è indispensabile e sarebbe paradossale perdere ora risorse essenziali all’interno del sistema sanitario nazionale, specie impiegate in funzioni legate al raccordo e al coordinamento tra Stato e Regioni».

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