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Processo Eternit Bis: industriale svizzero condannato a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo

Ezio Bonanni (Presidente Osservatorio Nazionale Amianto): “La sentenza ci lascia delusi. Prendiamo atto delle diverse prescrizioni e della condanna a soli 3 anni e 6 mesi. Solleciteremo l’impugnazione del procuratore generale contro la derubricazione”.

printDi :: 06 aprile 2022 21:49
avvocato Ezio Bonanni, presidente ONA

avvocato Ezio Bonanni, presidente ONA

(AGR) di Donatella Gimigliano

Derubricato in colposo il reato di Stephan Ernest Schmidheiny che era accusato di omicidio volontario per la morte di 8 vittime dell’amianto nel processo Eternit bis di Napoli. Per questo motivo è intervenuta la prescrizione per 6 delle vittime, mentre per la morte di Franco Evangelista, Schmidheiny è stato assolto perché il fatto non sussiste, mentre è stato condannato a 3 anni e 6 mesi per il decesso solo di Antonio Balestrieri. Non ha retto l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri Anna Frasca e Giuliana Giuliano che avevano chiesto per l’imputato una condanna a 23 anni e 11 mesi di reclusione.

 
“La sentenza – ha commentato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto - ci lascia delusi. Sembra che la giustizia italiana si sia adagiata alle tesi difensive dell’imputato. Naturalmente prendiamo atto delle diverse prescrizioni e della condanna a soli 3 anni e 6 mesi. Per questi motivi confidiamo nella giustizia divina presso la quale l’imputato dovrà rispondere anche dei reati prescritti che, comunque, sono rappresentazione dell’esistenza del reato anche se la giustizia non è stata tempestiva. Per un caso comunque c’è la condanna. Solleciteremo l’impugnazione del procuratore generale contro la derubricazione”.

Il processo ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, erano di cemento che alla fine si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all’ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle. La storia giudiziaria dell’imprenditore svizzero è piuttosto controversa, assolto in Cassazione per prescrizione del reato di disastro ambientale, il 13 febbraio 2012 viene condannato dal tribunale di Torino nel processo Eternit a 16 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente e per omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. I giudici avevano disposto il risarcimento per tremila parti civili. Il 3 giugno 2013 la pena viene “parzialmente riformata” in appello e aumentata a diciotto anni. La Corte dispose anche il risarcimento alla Regione Piemonte di 20 milioni di euro e di 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato. Il 19 novembre 2014 la Corte di Cassazione, però, dichiarò il reato di disastro ambientale prescritto e annullò le condanne e i risarcimenti in favore delle parti civili. In seguito fu incardinato il processo Eternit bis, diviso in 4 tronconi. A Napoli i pubblici ministeri lo accusano di omicidio volontario di 6 operai dello stabilimento di Bagnoli e di 2 loro familiari. Negli altri 3 tribunali l’accusa è, invece, di omicidio colposo.

Nelle varie udienze è emerso che alcuni lavoratori sarebbero stati addirittura costretti a coprirsi la bocca con i fazzoletti perché all’interno della fabbrica non venivano fornite regolarmente le mascherine. Durante la scorsa udienza gli avvocati della difesa, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, avevano discusso diverse ore per smontare la tesi accusatoria spiegando che non ci sarebbe stata nessuna volontà di veder morire i propri operai, che le conoscenze dell’epoca fossero diverse rispetto a quelle che ci sono oggi e che, per questo, Stephan Ernest Schmidheiny non poteva sapere con certezza che l’amianto fosse cancerogeno. Hanno anche messo in dubbio le diagnosi di vari mesoteliomi.

L’associazione ha creato anche una App (http://app.onanotiziarioamianto.it/), per le segnalazioni dei siti contaminati.

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