Dermatologia, subito una task force multidisciplinare per formare i medici sull'uso dell'IA
Tre i campi in cui la dermatologia si serve dell’IA: diagnosi precoce dei tumori della pelle; valutazione oggettiva della gravità di malattia eliminando le suggestioni personali; possibilità di predire quale sarà la terapia migliore e con meno effetti avversi per ogni paziente
(AGR) Sono tre i campi in cui la dermatologia si serve dell’IA: diagnosi precoce dei tumori della pelle; valutazione oggettiva della gravità di malattia eliminando le suggestioni personali; possibilità di predire quale sarà la terapia migliore e con meno effetti avversi per ogni singolo paziente
Servono però disponibilità e affidabilità dei dati; capacità di utilizzo da parte di operatori addestrati alla conoscenza e all’uso dell’IA e una normativa che accompagni la crescita della IA garantendo equità, appropriatezza e soprattutto la sicurezza dei pazienti che usufruiranno di questi strumenti Un aiuto concreto nella diagnosi delle lesioni dermatologiche e nel corretto utilizzo dei farmaci secondo la medicina della 4 p: personalizzata, predittiva, preventiva e partecipativa. Ma anche un ruolo fondamentale nell’oggettivazione della malattia, evitando tutte le influenze esterne che possono condizionare scelte e diagnosi dei dermatologi. E ancora, un supporto strategico alla preparazione dei dermatologi attraverso la GAN (Generative adversarial network).
Questo il messaggio lanciato dagli esperti presenti al 98esimo Congresso nazionale della SIDeMaST, Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse, che si conclude oggi a Giardini Naxos (ME).
L’intelligenza artificiale è diventata parte integrante della nostra vita quotidiana, basti pensare ai sistemi integrati di guida delle auto, alla domotica o ai motori di ricerca che usiamo quotidianamente per navigare sul web. Anche il settore sanitario sta adottando sempre più questa nuova tecnologia per migliorare la gestione quotidiana dei pazienti: per esempio, l’IA viene spesso utilizzata non solo nella fase diagnostica ma anche in quella prescrittiva; aiuta cioè lo specialista a dispensare in modo corretto e sicuro i farmaci ai pazienti secondo la pratica della medicina delle 4P.
Ma per far sì che il potenziale dell’IA per rivoluzionare la salute e l’assistenza sanitaria diventi realtà e possa mantenere la sua promessa di migliorare la salute globale occorre affrontare tre sfide chiave: disponibilità e affidabilità dei dati; la loro capacità di utilizzo da parte di operatori addestrati alla conoscenza e all’uso dell’IA. Infine, una normativa che accompagni la crescita della IA garantendo equità, appropriatezza e soprattutto la sicurezza dei pazienti che usufruiranno di questi strumenti.
“Per essere in grado di poter beneficiare o ancora meglio di utilizzare l’ IA in modo attivo è necessario prima di tutto avere una formazione adeguata – spiega il Professor Pietro Rubegni Direttore dell’UOC Dermatologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese e professore ordinario di Dermatologia dell’Università di Siena, relatore del 98esimo Congresso della SIDeMaST – per ottenerla è importante organizzare e creare team multidisciplinari dove i giovani dermatologi si confrontano quotidianamente con biostatistici, bioingegneri e biologi. È quanto peraltro stiamo portando avanti nella dermatologia a Siena che già per tradizione collabora in modo stretto con la bioingegneria da oltre 30 anni, prima con il Prof Gabriele Cevenini (1) e da circa cinque anni anche con la dr.ssa Alessandra Cartocci, biostatistica e socia fellow della SIDEMAST. Grazie a questo lavoro di grande collaborazione abbiamo sviluppato internamente quello che viene definito ‘Health technology assessment (HTA) group’”.
Attualmente sono tre i campi in cui la dermatologia si serve dell’IA. In primis è utilizzata per la diagnosi precoce dei tumori della pelle. Infatti, l’Intelligenza Artificiale può accompagnare il professionista nella valutazione delle lesioni cutanee durante il percorso diagnostico che arriva fino al riconoscimento finale della neoformazione.
“È come se il dermatologo e l’IA andassero ‘a braccetto’ lungo questo percorso (2) – sottolinea la dr.ssa Cartocci – ma è sempre l’uomo che guida e pone le basi per cui l’IA potrà facilitare il suo lavoro: è impensabile l’idea che possa sostituirsi a lui. Un position paper dell’EADV, European Academy of Dermatology and Venereology sull’argomento (3) ha infatti dimostrato che la maggior parte delle App sviluppate e vendute per il riconoscimento automatico delle immagini hanno fallito miseramente, tuttavia se il dermatologo seleziona le lesioni ‘giuste’ da mostrare all’Intelligenza Artificiale quest’ultima ‘vince’ rispetto ai medici. Ma se si seleziona qualcosa che l’Intelligenza Artificiale non conosce, quest’ultima sbaglierà”.
Il secondo campo di applicazione dell’IA è quello che consente una valutazione oggettiva della gravità di malattia: “Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia parla del “rumore”, vale a dire degli stati d’animo che sono influenzati da quanto ci accade intorno e che condizionano quindi le nostre scelte quotidiane, anche in medicina. L’IA elimina le influenze esterne e ci permette di non sbagliare, di essere quindi equilibrati nella valutazione. Questo sarà fondamentale nei trials clinici dei nuovi farmaci dove dobbiamo poter avere delle valutazioni oggettive e equiparabili dell’attività del farmaco. L’IA riesce ad eliminare le influenze soggettive e ci racconterà quanto il farmaco funzionerà, non quanto a me sembra che funzioni”.
Terzo, forse il più rilevante e futuribile, aggiunge l’esperto “è la possibilità di predire per quel tipo di paziente quale sarà la terapia migliore e con meno effetti avversi” . E su questo fronte la condivisione dei dati tra gli esperti sarà dirimente.
Un ulteriore campo in via di sviluppo che vede protagonista l’IA è la metodica GAN (generative adversarial network): una tecnica che, utilizzando immagini reali delle manifestazioni patologiche consente di creare immagini verosimili, anche se “finte/sintetiche”: “In medicina i dati spesso sono pochi – prosegue il professor Rubegni – le GAN potranno aumentarli a dismisura consentendo, a partire ad esempio da 50 immagini di melanoma, di produrne centinaia, completamente verosimili e indistinguibili. Queste a loro volta potranno essere utilizzate per insegnare ai giovani o addestrare, attraverso ulteriori metodiche di IA, altri modelli per il riconoscimento automatico”.
Ma, conclude l’esperto “poiché la maggior parte dei sistemi sanitari non ha oggi la capacità normativa per supervisionare e gestire questa tecnologia in rapida evoluzione, dobbiamo fare in modo di accompagnare la crescita dell’IA con delle norme che la contengano”.