L’Unione Europea sceglie per l’Italia il membro italiano per il CPT contravvenendo alle indicazioni del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio
(AGR) L’Europa non ha tenuto in alcuna considerazione le indicazioni del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio riguardo al membro italiano del CPT. Infatti, ignorando le indicazioni del Governo italiano, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha nominato, quale rappresentante di tutti gli Italiani per il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, la radicale Elisabetta Zamparutti.
Ad una nota di sensibilizzazione, relativamente alle candidature, inoltrata dalla nostra Associazione al Ministro degli Esteri in data 20 ottobre 2020, è stato risposto il 2 febbraio u.s. come segue:
Tesoriere di “Nessuno tocchi Caino” https://www.nessunotocchicaino.it/chisiamo/organi-dirigenti, Elisabetta Zamparutti risulta essere tra i fondatori, insieme al marito Sergio D’Elia (ex terrorista di Prima Linea), di questa organizzazione che ha tra i suoi obiettivi il superamento dell’ergastolo ostativo e del 41-bis.
Inoltre è noto che durante il suo mandato parlamentare nella XVI legislatura è risultata cofirmataria di proposte di legge che espressamente ne richiedevano la “soppressione” (http://documenti.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0047450.pdf).
Tali evidenze poi sono, inoltre, suffragate dagli articoli apparsi nel 2019 all’indomani della mancata riconferma, da parte del Comitato Europeo contro la Tortura, della Zamparutti che, pertanto, all’epoca risultava membro italiano uscente:
Ravvisando una così forte volontà di demolizione del regime detentivo 41bis, tema su cui la Zamparutti si impegna da anni, temiamo che in occasione del dibattito europeo afferente al sistema penitenziario italiano, tali istanze possano concretizzarsi nell’indebolimento - se non addirittura nella soppressione - del regime detentivo 41bis.
Alla luce di quanto esposto le famiglie delle Vittime del Dovere ribadiscono come le mafie ad oggi rappresentino, purtroppo, un cancro insidioso e mortale, ormai profondamente infiltrato anche nel tessuto economico e sociale internazionale.
Il rammarico nasce dal timore che l’Italia, pur vantando incomparabile competenza, spiccata professionalità e sofisticati strumenti nel contrasto alla criminalità organizzata, veda sgretolare il regime penitenziario 41bis, il cosiddetto carcere duro, che è - e rimane - uno strumento tra i più temuti dalla criminalità e sicuramente tra le misure più efficaci al contenimento delle mafie. Esso consente un’azione preventiva poderosa e si configura quale deterrente di grande rilievo.
Infine, ci impone l’obbligo morale e civile di ricordare che l’adozione del 41bis è costato il sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli uomini e delle donne delle scorte che, pur consapevoli dei rischi e dei pericoli, hanno portato a compimento il loro dovere fino al sacrificio della vita.