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Enoturismo, a Montalcino nel 2022 + 36%, con il ritorno dei Winlover USA (+168%) presenze superiori anche al Pre-Covid (16%)

Fabrizio Bindocci, presidente Consorzio Brunello di Montalcino: l'Enoturismo è un asset straordinario per le imprese del vino e per il turismo locale. A Montalcino è di 3.500 ettari la superficie di vigneto iscritta a Doc e Docg con 2.100 a Brunello

printDi :: 31 marzo 2023 16:12
filari d'uva a Montalcino foto pixabay

filari d'uva a Montalcino foto pixabay

(AGR) Brunello e Rosso di Montalcino tirano la volata dell’enoturismo a Montalcino, che nel 2022 non solo ha chiuso a +36% rispetto a un 2021 già in forte ripresa, ma ha superato anche gli anni d’oro del triennio pre-covid (2017-2019) con un +16% e 210 mila presenze con pernottamento. Lo rileva, alla vigilia di Vinitaly, il Consorzio del vino Brunello di Montalcino che ha elaborato i dati provvisori dell’ufficio statistico della Regione Toscana. Rispetto all’anno precedente, il ritorno alla normalità cosmopolita dei winelover di Montalcino lo si legge dai numeri: +81% gli stranieri sul 2021 (a 143 mila presenze, oltre i 2/3 del totale) e -12% gli italiani (67 mila) che nel periodo Covid avevano tenuto in piedi l’enoturismo ilcinese. Un ritorno al futuro tra le vigne del paesaggio Unesco della Val d’Orcia sia per le strutture alberghiere (+41%) che per agriturismi, relais in cantina, b&b (+34%).

Il risiko delle presenze vede il ritorno dei turisti statunitensi saldamente in vetta tra gli stranieri, con una crescita del 168% sul 2021 ma anche del 31% sul 2019, poi Germania (+22%) e Regno Unito, che con un balzo del +257% nell’ultimo anno scalza il Brasile dal podio. Rispetto al 2021 i fortissimi incrementi dai Paesi terzi hanno fatto la differenza, ma è il saldo sul 2019 il benchmark più significativo, con crescite in doppia cifra per quasi tutte le principali aree di provenienza. Tra queste, i Paesi Bassi guadagnano la quinta piazza grazie a un +31% sul 2019, poi Svizzera (+47%), Canada (+8%) Francia (+36%) e Belgio (+24%). In forte calo ovviamente la Russia (-69%), rimpiazzata dalla Polonia (+60%), e una Cina ancora alle prese con le chiusure. Tra gli italiani, il podio degli arrivi vede in testa la Lombardia (+21% sul 2019), poi Lazio e Toscana, ora seguita da vicino dal Veneto (+28%).

 
“Lo scorso anno – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – il nostro borgo e le nostre cantine parlavano una babele di lingue come non accadeva da tempo. Lo scorso anno i turisti provenienti dalle Americhe – a partire dagli Stati Uniti, ma anche dal Brasile e dal Canada - sono stati oltre 1/4 totale, ma abbiamo rivisto anche ospiti dall’Oceania, dall’Asia, dall’Est Europa, oltre naturalmente agli arrivi dall’area comunitaria. Un turismo alto spendente che da una parte ha fatto volare le vendite dirette in azienda, dall’altra si è rivelato un toccasana per l’industria dell’accoglienza e dei suoi servizi”.

Secondo il Consorzio, lo scorso anno l’ospitalità e stata quindi caratterizzata dal ripristino dagli assetti pre-pandemici, con i big spender – in crescita dai Paesi terzi – che erano ovviamente gli statunitensi, primo mercato estero per le vendite di Brunello di Montalcino ma anche dell’enoturismo con una incidenza sulle presenze straniere al 31%. Un target naturale per l’offerta di Montalcino in grado di consolidare il positivo impatto socioeconomico per l’area rurale ma anche per fidelizzare il brand e i consumi dei vini della denominazione, a partire dal Brunello, sulle tavole e nei ristoranti di tutto il mondo. Secondo Wine Intelligence il profilo del “Brunello-lover” statunitense corrisponde all’identikit dell’enoturista-tipo che lo scorso anno ha fatto ritorno al borgo toscano: appassionato di vino e in particolare di quello toscano, reddito alto (oltre 100 mila dollari), in grado di spendere oltre 75 dollari per una bottiglia.

A Montalcino è di 3.500 ettari la superficie di vigneto iscritta a Doc e Docg con 2.100 a Brunello, un valore quest’ultimo volutamente rimasto lo stesso da 25 anni. La comunità agricola è tra le più ricche al mondo e tra le più virtuose a livello nazionale, con un’economia basata per la metà delle proprie imprese sul settore primario.

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