Stop a gerarchie e piramidi, le aziende puntano all'auto-organizzazione
Logotel
Wikipedia definisce l’auto-organizzazione come "una forma di sviluppo del sistema attraverso influenze ordinanti e limitative provenienti dagli stessi elementi che costituiscono il sistema oggetto di studio e che permettono di raggiungere un maggior livello di complessità". Alberto De Toni, professore ordinario di Organizzazione della Produzione e Gestione dei Sistemi Complessi presso l’Università di Udine e già contributor della service design company Logotel per i Quaderni Weconomy #1 "Auto, Beta, Co" e #4 "Human (R)evolution", la definisce come "il risultato di un processo dinamico emergente dal basso (bottom-up), basato sulle interazioni locali e privo di controllo centralizzato". La stessa Logotel ha più volte trattato nell’ambito del suo progetto di cultura d’impresa Weconomy, dedicato all’economia collaborativa, il tema degli "sciami" (swarming) quale fenomeno auto-organizzante del mondo biologico che può trovare applicazione anche nel mondo umano-organizzativo. Ma come accompagnare questo processo di trasformazione dai modelli gerarchici a quelli "a sciame", innescando meccanismi di auto-attivazione nelle persone e creando perimetri di sperimentazione di queste pratiche anche in imprese di grandi dimensioni, tradizionalmente "piramidali" ma, oggi, sempre più alle prese con un contesto liquido e accelerato? Molte aziende hanno deciso di sperimentare un simile modello bottom-up in maniera creativa ed ingaggiante per i propri dipendenti e collaboratori, con l’obiettivo dichiarato della duplicazione del potere, ovvero la sua ri-collocazione non più solo "al centro", ma anche "in periferia". In questo senso, un’interessante testimonianza arriva dalla società israeliana AgileSparks, che pratica varie modalità di delega del lavoro, mutuando il proprio approccio dal metodo agile utilizzato nel mondo dell’ingegneria software. Altri casi pregnanti sono la brasiliana Semco – conosciutissimo esempio di management partecipativo - e la statunitense Valve, che conferma come la tech industry sia particolarmente ricettiva verso i modelli auto-organizzativi. In Valve, infatti, tutti i progetti sono ‘self-directed’, e lo ‘swarming’ è incoraggiato anche attraverso "effetti speciali" come tavoli dotati di rotelle per permettere maggiore ‘impollinazione’ e interazione tra le persone.
Supercell, agile e veloce
Nel novero delle aziende che praticano l’auto-organizzazione spicca di recente una startup finlandese di mobile gaming che esplicita il proprio approccio organizzativo già dal nome: Supercell nasce nel 2010 e riesce, nel giro di circa due anni, a mettere in piedi un giro d’affari di 2.5 milioni di dollari al giorno con Clash of Clans e Hay Day, due videogiochi saliti ai primi posti delle classifiche dell’App Store in scia al successo di Farmville della concorrente Zynga, leader del social gaming. Come la rivista Forbes ha recentemente sottolineato in un suo approfondimento, le due aziende corrono a diverse velocità, ed è qui che si gioca la partita del gaming moderno: vince chi è più veloce nel passaggio tecnologico da desktop a mobile. E vince chi realizza questo passaggio in contesti agili ed adattabili e con strutture organizzative sempre meno piramidali. Gli sviluppatori di Supercell lavorano in ‘celle’ autonome, gruppi di 5-7 persone che collaborano con un alto grado di auto-imprenditorialità: ogni team tira fuori nuove idee visionate direttamente dal CEO Ilkka Paananen, senza troppi passaggi di approvazione, ‘burocrazia interna’ o timori di fallimento, come gli stessi Wall Street Journal e Forbes raccontano. Le idee vengono poi sviluppate e trasformate in mobile games, e i giochi testati dal team che ha generato l’idea e dalle altre celle prima di finire nell’Apple Store.
Un’aggregazione di cellule
"Piccolo è bello", trasparenza assoluta, zero burocrazia, estrema indipendenza, orgoglio artigiano e "prendersi cura di se stessi": questi i sei semplici valori che Supercell racconta nella sua pagina "Jobs". E una sana dose di ironia, verrebbe da aggiungere, se pensiamo che, accanto a questa chiara dichiarazione d’intenti, uno dei ragazzi dello studio racconta con orgoglio come la sede di Helsinki sia un ambiente con "no mantras on the walls here, no big words on company culture". Questa cultura imprenditoriale innovativa è stata uno degli asset alla base della decisione del venture capital Index di investire 100 milioni di dollari in Supercell. Le motivazioni di Index sono state riprese da Techcrunch, che termina così la sua analisi: "Descrivendosi come il ‘CEO meno influente al mondo’, incoraggia le celle a godere della propria estrema indipendenza e vanta di non esercitare nessun controllo creativo su di loro una volta che si sono costituite. L’azienda come organizzazione è semplicemente un’aggregazione di celle: una Supercella". Come possiamo portare questo approccio anche nelle nostre imprese e organizzazioni?>