La rivoluzione del Retail: nuove tecnologie
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Solo nel 2012, secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Findomestic, le famiglie - perdendo potere d’acquisto (-1,5% nell’ultimo trimestre) -hanno ridotto la spesa per i beni (3,3%), e anche la domanda relativa ai servizi si è contratta (-1,4%). S>ul fronte del Retail, gli ultimi dati di Confesercenti rivelano che la moria nel commercio (-3.068 imprese nei primi mesi del 2012) e nelle imprese al dettaglio (-85.000 aziende dal 2008) non tende a fermarsi. Un recente report stilato da Retail Watch su dati Nielsen spiega che l'84% degli italiani ha dichiarato di aver modificato i propri comportamenti di acquisto nell'ultimo anno, sacrificando voci di spesa un tempo considerate indispensabili. Tutto questo lascia prevedere un futuro che non sarà uguale allo scenario pre-crisi, poiché i cambiamenti nelle abitudini di acquisto sembrano ormai parte di un’evoluzione culturale di lungo periodo, e non più solo una reazione immediata alle difficoltà economiche delle famiglie.
Di fronte a un contesto del genere, mai come ora le aziende devono interrogarsi sul futuro chiedendosi innanzitutto per quali ragioni e con quali modalità un cliente domani tornerà a varcare la soglia dei loro negozi. “Gli scaffali fisici e digitali sono colmi di prodotti – spiega Cristina Favini – oggi però un consumatore si fa interprete di un progetto focalizzato non solo sul ‘cosa comprare’, ma anche sul ‘come’ e sul ‘dove’ spendere i propri soldi. Un progetto per gestire la perdita di ricchezza, l’eccesso di scelta, per scovare il prezzo più basso, per gestire il tempo. In questo periodo il cliente esce dalle proprie aree di comfort più forte di prima per ritarare il proprio modello di vita, per cambiare creativamente le modalità, l’intensità e la frequenza dell’acquisto/accesso nei punti vendita, dai cellulari, all’interno di un social network”.
“Riprogettare il Retail, mandando in soffitta strutture appesantite e sistemi di offerta e di vendita spesso inadeguati, diventa quindi un’esigenza ineludibile. A partire dalla variabile tecnologica, spiega Nicola Favini “Che aiuterà ad aumentare la visibilità e l’attrattività dell’offerta dentro e fuori il punto vendita, a tracciare e profilare i clienti, a veicolare nuovi servizi e valore aggiunto. Ma le tecnologie, lungi dall’essere la panacea di tutti i mali del Retail, sono la conseguenza di una strategia progettata nell’ottica di offrire un’esperienza unica ai clienti: una trasformazione che parte dalla progettazione di una customer experience di qualità, capace di coinvolgere le persone prima, durante e dopo il loro passaggio in negozio”. In questa direzione diventa necessario cambiare gli strumenti, gli fa eco Cristina Favini, “Basta parlare solo di target. Per tracciare la customer experience, che è molto più multidimensionale di quello che studi e ricerche raccontano, bisogna sviluppare conversazioni reali con gli individui e la loro community, stabilire relazioni circolari che aiutino a capire attraverso prodotti sempre più di servizio. Il tutto per misurare e ritarare i sistemi di vendita. Solo così le aziende riusciranno a progettare via via nuove torte di business. Se fino ad oggi si è puntato sul modello P - product, price, place, promotion, person, packaging, personal selling - d’ora in avanti bisognerà integrarlo con il modello C, e quindi lavorare in modalità circolare su contatti, contenuti e contesti”.