Affitti, Unsic: “L’aumento della cedolare dal 21 al 26% sarà l’ennesimo colpo al ceto medio”
A denunciare il possibile inasprimento del prelievo, che avrebbe ricadute anche sugli affitti e sui piccoli borghi, è stato il sindacato Unsic. La tassazione sugli immobili in Italia è al 6.1 per cento contro il 5,5 della media Ocse, il 2,7 della Germania e il 2,2 della Svezia
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(AGR) “L'incremento dell'aliquota della cedolare secca sugli affitti, che potrebbe lievitare dal 21 al 26 per cento per i contratti a canone libero, costituisce l’ennesima discutibile e insensibile stangata, non per congiuntura internazionale ma per mano governativa, che accentuerebbe lo scivolamento del ceto medio, compreso chi fa impresa e commercio, verso condizioni di effettiva criticità”.
A denunciare il possibile inasprimento del prelievo, che avrebbe ricadute anche sugli affitti e sui piccoli borghi, è il sindacato Unsic, con oltre tremila uffici in tutta Italia. L’Unsic lancia un accorato appello al Governo affinché non inserisca la revisione della cedolare nella delega fiscale in discussione in Parlamento.
Aumentare le tasse sugli immobili – rileva l’Unsic – rischia di accrescere l’evasione, di far lievitare il numero di case non affittate perché, tra aumento dei costi condominiale e della morosità, nonché con il blocco degli sfratti, conviene non immetterle più nel mercato”.
Infine l’Unsic ricorda, citando dati di Lettera 150, l'associazione presieduta dal giurista Giuseppe Valditara, che la stragrande maggioranza dei proprietari immobiliari appartiene al ceto medio: il 94 per cento ha redditi fino 55 mila euro, di cui più della metà fino a 26 mila. Una categoria ben lontana dai grandi speculatori internazionali.
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