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Kindu, i parenti vogliono conoscere tutta la verità

print16 dicembre 2012 10:17
Kindu_1961

Kindu_1961

(AGR)“Su Kindu aspettiamo di conoscere ancora la verità.” La richiesta della figlia di una delle vittime dell’eccidio, quasi un’implorazione-denuncia nel corso della celebrazione che ogni anno organizza il club Lions Roma Mare dinanzi al monumento ai caduti di Kinduche si trova all’ingresso dell’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci, a Fiumicino, nei pressi della rotonda di Via Alessandro Guidoni. Una strage senza ancora un perché.I 13 caschi blu, infatti, facevano parte del contingente dell'Onu inviato per sostenere le popolazioni coinvolte in una violenza guerra civile. L'11 novembre 1961 i militari portarono aiuti e rifornimenti da Leopoldville, attuale Kinshasa, a Kindu dove caddero in un'imboscata di una delle fazioni in lotta. Disarmati, furono picchiati a sangue e poi abbattuti a colpi di mitra. I loro corpi furono trovati solo un anno dopo, composti e riportati in patria. Gli aviatori italiani facevano parte di un contingente internazionale che operava sotto l’egida delle Nazioni unite per sostenere e proteggere le popolazioni civili. La zona di Kindu era occupata dalle truppe del colonello Gizena che quando videro gli aerei sorvolare la città, credettero si trattasse di un corpo di paracadutisti di un’altra fazione. Scattò la caccia ai “mercenari”, sorprendendo i 13 italiani in una villetta a un chilometro dall'aeroporto. Quando si resero conto dell'equivoco ormai gli animi erano sovreccitati e nessuno riuscì più a fermare la violenza delle truppe africane. Gli italiani disarmati, non poterono opporre la minima resistenza, il tenente medico Francesco Paolo Remotti comprese subito il grande pericolo e tentò di fuggire ma venne abbattuto da una raffica di mitra. E fu il più fortunato. Gli altri vennero catturati, picchiati a sangue e portati in giro per Kindu come dei trofei fino a quando furono fucilati, e i loro corpi straziati a colpi di machete.

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