WWF, "Operazione cervo italico", torna in natura il signore dei boschi
E' iniziata la fase clou per salvare la sottospecie di cui rimangono appena 300 individui. Si raddoppia la popolazione con il trasferimento dei primi 20 esemplari dal Bosco della Mesola in Emilia Romagna al Parco Naturale Regionale delle Serre in Calabria
(AGR) Con l’arrivo della primavera è stato rilasciato in un’area naturale della Calabria, il Parco Naturale Regionale delle Serre e le Riserve naturali circostanti, un primo nucleo di 20 individui di cervo italico, provenienti dal Bosco della Mesola, l’ultimo areale residuo della sottospecie autoctona della nostra penisola (Cervus elaphus italicus), decimata negli ultimi secoli nel resto del territorio italiano.
Si è appena conclusa, quindi, la prima fase dell’Operazione Cervo Italico realizzato grazie allo sforzo congiunto di diversi partner: Carabinieri Forestale (già Corpo Forestale dello Stato) gestori della Riserva Naturale Bosco della Mesola e che hanno garantito anche il trasporto e sorveglianza nel sito di rilascio grazie al reparto territorialmente competente, il Parco Naturale Regionale delle Serre, l’Università di Siena, riferimento scientifico del progetto, il WWF Italia come coordinatore operativo, DREAM Italia, ente di studi faunistici con elevata esperienza nella gestione degli ungulati, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana e il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. I dettagli dell’Operazione sono stati illustrati questa mattina in una conferenza stampa tenutasi presso la sede del CUFA – (Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari) a Roma.
Grazie alla collaborazione tra più enti e istituzioni, la missione è quella di salvare dall’estinzione una sottospecie del tutto unica: tutti i cervi presenti nel resto della penisola sono, infatti, cervi europei (Cervus elaphus hippelaphus) introdotti in Italia a partire dal secondo dopoguerra e oggi in progressiva espansione. La Riserva Naturale Statale “Bosco della Mesola”, in provincia di Ferrara, ha conservato fino ad oggi gli ultimi 300 esemplari di cervo italico che, in condizioni di isolamento genetico, hanno un futuro incerto per il rischio di consanguineità, di possibili modificazioni dell’habitat o possibili epidemie.
Il progetto è reso possibile grazie al finanziamento di Regione Calabria e ai fondi raccolti da WWF Italia, grazie al supporto di Arcaplanet e di tanti sostenitori. L’attività, infatti, si inserisce nella Campagna ReNature del WWF la cui missione è quella di invertire la perdita di specie e habitat, tutelare e ripristinare la Natura per conseguire entro il 2030 l’obiettivo di un mondo nature positive, come sancito dalle principali convenzioni internazionali.
L’operazione di trasferimento era già prevista nel “Programma nazionale di conservazione del Cervo della Mesola”, pubblicato nel 2010, al fine di creare un’altra popolazione in natura e aumentarne le probabilità di sopravvivenza, ma solo grazie al progetto ha potuto finalmente prendere vita. L’area del Parco Naturale Regionale delle Serre è stata identificata a seguito di uno studio di fattibilità condotto da ISPRA in base alle caratteristiche ecologiche e l’assenza di nuclei di cervo europeo.
UNA SPECIE DECIMATA NEI SECOLI E MINACCIATA DALL’ISOLAMENTO
Il cervo italico, un tempo diffuso in buona parte della penisola, è stato via via decimato dalla trasformazione degli habitat e dalla caccia, fino a sopravvivere con pochi individui isolati nella foresta planiziale della Mesola, in passato riserva di caccia degli Estensi. Grazie alle azioni di tutela garantite dal Corpo Forestale dello Stato (ora Carabinieri Forestale), gestore dell’area, questa sottospecie è riuscita a salvarsi dall’estinzione. Considerate queste peculiarità, il cervo della Mesola rappresenta una priorità da tutelare e salvaguardare a livello nazionale. La conservazione a lungo termine di questa popolazione è oggi messa a rischio da diversi fattori: da quelli demografici, dovuti all’esiguità della popolazione e all’elevato tasso di consanguineità del nucleo residuo alla competizione con il daino, che se presente in gran numero, può limitare l’utilizzo delle risorse per i cervi; inoltre la mancanza di altre popolazioni non garantisce un sufficiente scambio genetico. Per garantire un futuro a questa popolazione unica occorre dunque da un lato migliorare le condizioni ambientali dell’areale di origine, sia delle aree aperte sia del sottobosco, e limitare la diffusione e la consistenza numerica dei daini, e dall’altro ripopolare nuove aree idonee.
A oltre 30 anni dall’operazione cervo sardo, lanciata dal WWF per salvare, anche grazie all’acquisto della Riserva di Monte Arcosu, l’altra sottospecie di cervo (Cervus elaphus corsicanus) tipica dell’isola (e che oggi è passata da poche centinaia a quasi 10.000 individui), si spera che il futuro del cervo italico possa essere altrettanto roseo.
foto archivio AGR