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Il Nuovo Giovane

print30 maggio 2008 16:36
(AGR) Tra le ansie dei giovani che maggiormente colpiscono ne risalta una: quella di non voler restare soli. E allora l'esigenza di formare il sabato sera, e oramai non solo quel giorno, comitive di massa in continuo rischio di collasso ha assunto le sembianze di un vero imperativo categorico.

Se quest'esigenza, infatti, si rende indispensabile ai fini della maturazione dopo i quattordici anni, adesso è diventata tale per le fasce di età superiori. Pochi sono i gruppi di persone, al giorno d'oggi, che si incontrano per una comunanza di esperienze e di gusti, per il senso della condivisione e della convivenza pacifica. Da qualche anno a questa parte non sempre è così: non si è realmente perso il vero senso del rapporto umano. Più precisamente, lo si è confuso. In primis non sono più oggetto di seria considerazione i gradi di intensità del rapporto: si tende sempre più a generalizzare il concetto di “amico” con altri più blandi come “compagno di uscite”, “conoscente”, “collega universitario”. Il gruppo, quindi, perde il proprio valore originario per trasformarsi in qualcosa di più simile ad un assembramento di gente, ad un agglomerato umano, ad una frotta di simili.

Anche se il termine più adatto a descrivere una condizione simile sarebbe quello dello “sciame”. È vero che anche lo sciame di insetti dovrebbe avere una sua propria ragione di esistenza, ma non nella misura in cui segna il tramonto di dinamiche indispensabili al mantenimento del gruppo, tra le quali le gerarchie – più o meno visibili e marcate – il comune senso della sopravvivenza e dell'esperienza convissuta, come già detto, e in aggiunta, la divisione del lavoro. Alla vicinanza viene sostituita la prossimità, alla specialità e all 'individualità dei gusti e delle inclinazioni un generico saper-tutto-fare e saper-tutto-dire. Il risultato: un generale appiattimento delle prospettive personali di vita, sostituite da un'etica della vita intesa come fonte di eterno intrattenimento.

Il giovane vede sempre meno l'aggregazione o il ritrovo conviviale come un'occasione di dialogo e di confronto, nel quale si alterna giustamente il serio con il faceto, ma come una superficiale occasione per “stare in compagnia”, e dare fiato alla propria bocca senza troppo badare al contenuto delle frasi pronunciate, mentre ciascuno ostenta il trofeo della propria supposta realizzazione in un nuovo modello di telefono cellulare o di palmare in realtà proposto/imposto dal mercato. Al di là di questi piccoli vanti, da un lato comprensibili almeno per le fasce di età più tenere – cioè subito dopo la pubertà – anche le altre argomentazioni messe in ballo dallo sciame di giovani perdono ogni loro motivazione di costruzione individuale e di aggregazione entro una struttura sociale in miniatura: al confronto tra diverse esperienze si sostituisce il pettegolezzo fine a se stesso, riferito come una passeggera notizia di cronaca.

In una società dove la libertà, intesa in chiave democratica come garanzia di eguali diritti e doveri costituzionalmente definiti e tutelati, viene sempre più confusa con l'ebbrezza della molteplice scelta dinanzi allo scaffale del supermercato, la scelta di vita ha teso ad atomizzarsi, esulando dal concetto di comune obiettivo cui tende sia un singolo gruppo sia la maggior parte di essi in un determinato contesto. La scelta in sé e l'ansia di raggiungere un obiettivo vengono sostituiti ora è vieppiù caotica e fluttuante: le fluttuazioni finanziarie, in questo senso, paiono il modello più adatto per rendere credibile la situazione odierna tramite una similitudine.

Gli sciami, secondo una felice similitudine di Zygmunt Bauman, lo studioso di riferimento per analisi che ruotano attorno a questo argomento, “non sono di dell'unità delle loro parti – sono particelle autopropellenti [...]possiamo dire che abbiano una solidarietà puramente meccanica: ogni elemento ripete singolarmente i movimenti degli altri dall'inizio alla fine ( e nel caso dei consumatori, il lavoro così eseguito è quello del consumo)”. Viene da pensare alla logica dello stato autoritario e totalitario: nulla di più remoto dalla realtà del fenomeno, e allo stesso tempo nulla di più affine sotto il profilo teorico.

Nello stato totalitario il controllo era assoluto, la logica di gestione politica era quella della macchina, un mostro estorcente e distorcente, e ogni individuo che vi rientrasse assumeva le sembianze di un indispensabile ingranaggio. Nello stato consumista l'unica grande analogia riguarda l'elemento panottico: il controllo del singolo – categoria sociale, non filosofico-esistenzialista – avviene molto più di soppiatto, con una platealità che non trova più la sua massima manifestazione nei pomposi discorsi radiofonici del dittatore, ma nel travolgente, e imbarazzante, dinamismo audiovisivo delle pubblicità.

Il benessere come garanzia di successo sociale viene fatto passare per panacea per tutti i problemi, compreso quello della libertà di scelta, il caposaldo della maturità umana. Nella nuova realtà sociale, ogni individuo, e continuiamo a riferirci anche a gruppi giovanili, la sicurezza non è più un valore guidato e gestito dall'insieme, ma dalle tendenze esterne: sempre Bauman parla di “fede nei numeri”. Corollario: un costume viene seguito non in base alle esigenze del tempo, ma in base alla mole di individui che per contingenza lo segue.

La società dei consumi, per esistere, deve rendere il bisogno del singolo continuamente rinnovabile: il ciclo dei bisogni proposti/imposti dall'alto, non si deve mai spezzare. Ciascun neofita del consumismo viene convinto sin dall'inizio che l'adesione a determinati stilemi determinerà non solo accettazione sociale ed inclusione – dinamiche che da sempre appartengono al gruppo – ma realizzazione piena e incondizionata, e soprattutto comoda, dei propri obiettivi, il tutto attraverso le istruzioni di uno strumento come la televisione, potente nei messaggi che invia, e soprattutto nella veste con cui essi vengono propinati.

L'immagine è il canale di comunicazione attraverso il quale la società dei consumi non soltanto forma il giovane, ma anche il nuovo valore del confronto. Ciascuno, una volta realizzato secondo questi processi, giustifica ogni forma di soverchieria verso l'altro, fisica e psicologica, in base a un confronto sui tempi: quanto prima l'adesione agli stilemi del consumo è avvenuta, tanto più gratificante e coinvolgente sarà la partecipazione ai voli dello sciame.

Per quanto vera possa essere la visione del gruppo così smembrato, i nuovi valori difficilmente riusciranno a modificare, in meglio o in peggio, la logica del branco. Ansia da previsione, e da prestazione, e competitività nascosta sotto una parvenza di rassicurante bonismo sono i disagi sui quali i giovani credono e sperano di sorvolare, ma che in ultima analisi tendono a rendere insopportabili, e quindi indesiderabili, gli stessi rapporti sociali. Siccome la panacea per tutti i problemi dei giovane consumatore, come già detto, è la varietà e la libertà di scelta, quale migliore soluzione che l'adesione ad una realtà sociale alternativa? Cioè, quella virtuale, del web.

Secondo le prime ipotesi sul perché del fenomeno della droga, il giovane disagiato in famiglia sia per condizioni finanziarie che per condizioni affettive, cercava nel ritrovo dei consimili drogati una realtà alternativa partecipando alla quale credeva di poter smentire a se stesso i tristi modelli umani vissuti. In maniera non dissimile il giovane degli anni 2000 cerca nel forum, nella community, e nella chat un canale di comunicazione che sostituisca all'impatto sempre meno tollerato della parola udita quello più blando della parola scritta, anzi virtualmente scritta. I rapporti tra giovani sono sempre più preferiti in questa veste: intessuti attraverso un medium piuttosto che direttamente. Medium che oltretutto crea l'illusione di una finestra aperta sul mondo piuttosto che nella semplice realtà quotidiana, già adulterata dalle dinamiche testé descritte. L'illusione della libertà di scelta investe anche la scelta dell'amico o del partner in ballo nella chat o nella community, attraverso una semplice pressione sul tasto sinistro del mouse, gesto che diviene sempre più voluttuoso, forse anche più di un contatto fisico.

Il web annulla nella nostra percezione il senso della distanza, alterando anche la percezione del tempo: il giovane può rimanere per ore dinanzi al proprio terminale, meccanizzando i propri movimenti e vedendo alterati i propri umori per una mancata risposta in chat o in community. Irritabilità, frenesia e impazienza per le piccole cose: ecco le conseguenze per il nuovo giovane. Anche il mondo virtuale ha le sue inevitabili patologie. FABRIZIO RUDI

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